Settimana in crociera, settimana di black out digitale. Un po’ per la connessione a singhiozzo o lentissima, un po’ per il costo del wifi (50 euro circa per tre ore…), e tutto il mio mondo digitale si è bloccato: questo blog, Facebook, Twitter. Ma sono sopravissuto benissimo.
Certo, direte voi, eri in vacanza su una nave da crociera, ogni giorno una sorpresa, un’escursione, qualcosa da fare… Avresti comunque avuto solo qualche manciata di minuti da dedicare al web. E poi, per una volta, disconnettersi veramente dal lavoro fa davvero bene no?
Però bisognerebbe fare lo stesso test non in vacanza, oppure in una situazione di vacanza con meteo totalmente avverso, della serie blindati in una baita e fuori pioggia a dirotto. E poi, in ferie, stare attaccati ai vari brik a brak wireless e bluetooth potrebbe considerarsi digitalpatologico, o no?
Dipendenza o meno, sono sopravissuto. E anche bene. Certo, che peccato non poter condividere ogni foto fatta nei posti bellissimi dove sono stato in tempo reale (ben diverso dal farlo alla rinfusa alla fine del viaggio), un po’ per far godere gli amici, un po’ per far schiumare d’invidia i non amici spioni sulle condivisioni collaterali…
Devo poi ammettere che i piatti che ho mangiato nei vari ristoranti, da Venezia a Santorini e ritorno erano buoni anche se non fotografati, ma mi rimane il sospetto che il gusto di condividerli li avrebbe resi sublimi.
E che dire del mio blog, “abituato” a continue condivisioni e a un mio post al giorno? Forse, al ritorno, lo avrei trovato desolatamente non frequentato, come quelle basi nei giochi di strategia che se ci torni troppo tardi trovi il villaggio da ricostruire devastato dalle varie incursioni nemiche.
Insomma, si può vivere senza Internet, o almeno lo si può fare per una settimana, come ho fatto io.
Con il plauso, forse, di tutti coloro che vedono ovunque dipendenze digitali e quindi il male del secolo, o i radical chic antidigitale, quelli che “io non uso neanche la mail” (prima non guardavano la televisione). Insomma, sono un nuovo membro dell’Intellighenzia analogica? Proprio no: vivere senza Internet si può, è solo questione di abitudine, ma è “stupido”.
Perché Internet, i social e tutto il resto sono una gran comodità e un divertimento, e dipende solo da noi trasformarli da utili amici in dipendenze da scemi.
Prendiamo la condivisione delle foto: è vero, quella massiva può dare fastidio, trovarsi il solito amico che di colpo posta 35 foto può essere una rottura… Ma pensate, per un attimo, all’era pre-condivisione sociale digitale… C’era LA SERATA DIAPOSITIVE dagli amici, una malattia a trasmissione visiva più letale della corazzata Potemkin in Fantozzi, in estrema sintesi una cagata pazzesca! (CIT)
Due, tre lunghe ore costretti come contropartita alla cena offerta a rimirare su un divano, alla fine consunti dalla noia e dal sudore, centinaia di scatti o chilometri di film con i dettagli della zampa del calamaro, l’ombra dei peli della fidanzata, tutta la performance del padre di famiglia trasformatosi in clown per forza maggiore da villaggio, la dentiera sorridente della nonna, i primi 5 km senza pannolino di cicciobello….
Unico momento ludico, quella foto un po’ osé dell’amica fidanzata dell’“amico”, che da tempo visita il nostro spazio onirico: finalmente lei a tette al vento e… che tette! Il piacere proibito però viene subito travolto dal veloce passaggio della diapo comandata da lui che ti guarda con occhio torvo mentre tu imbarazzato bevi un drink cercando di guardare quei capezzoli che seguono come antenne le tue pupille fameliche e… allora cerchi di guardare, sì, ma come una mucca che guarda un treno.
E invece su Facebook tutto ciò diventa un collage che puoi saltare, eliminare, condividere, non seguire più oppure, nel caso dell’altrui fidanzata, scaricare nella cartella “gnocche degli altri”, e rimirarla con tutta calma come un voyeur digitale che nessuno potrà mai condannare o giudicare.
Certo, niente cena, ma neanche una serata dal migliore 16 stelle forchettate vale mezz’ora di diapo di famiglia o di film documentario Luce sui granelli di sabbia della stessa spiaggia per un mese o le caccole dei ragazzi che giocano.
Quindi, viva Internet e la sua presenza immanente e trascendente, non invalidante se non per volontà conclamata.
Anche perché la cosa più bella che ho letto riconnettendomi è stata: finalmente sei tornato, ci sono mancati i tuoi post; firmato, un’amica. E le lusinghe delle donne e lettrici, digitali o non, valgono il viaggio, anche virtuale.
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