
Il reduce ammaccato rappresenta, nella grande famiglia degli uomini che non amano, cioè ormai incapaci di costruire relazioni normali per durata e coinvolgimento con una donna, una delle presenze più frequenti e insidiose.
Già perché se incontrare un narciso può uccidere emotivamente (leggi qui), incontrare un reduce ammaccato lascia dentro una stanchezza emotiva che può protrarsi per lungo tempo e interferire, poi, nei tuoi futuri rapporti con gli uomini, anche quelli “sani emotivamente”.
Questo tipo di uomo in crisi mi fa venire in mente la mononucleosi, la famosa malattia del bacio che non uccide (quasi mai salvo complicazioni rare) ma ti lascia senza forze per mesi, sonnolenta e incapace di sollevare persino la borsa della spesa.
Ecco, il reduce ammaccato fa un effetto mononucleosi, se hai la sventura di cedere alle sue iniziali lusinghe, fare coppia con lui per più di 3-4 settimane (fase del contagio) e non ti accorgi per tempo (diciamo nei primissimi mesi di frequentazione, fase acuta della malattia) di qual è la sua vera natura, e cioè quella di un virus che prosciuga forze mentali e fisiche alla propria partner.
E non è facile accorgersi subito che si ha a che fare con un reduce ammaccato, perché anche lui “deve mangiare-contagiare” e quindi, per procurarsi relazioni nuove, almeno ai primi appuntamenti, durante le prime settimane di frequentazione, indossa una maschera che lo rende generalmente simpatico, seducente, interessante, sexy. In una parola, quello che dovrebbe essere un uomo “normalmente interessante”.
Però, se ci pensate col senno di poi, il finto maschio alfa aveva già dei sintomi rivelatori della sua vera identità di ammaccato. A partire dall’identikit di partenza.
Già perché il reduce ammaccato è di solito un uomo vicino ai 40 e “rimane così” fino ai 60 anni e oltre, separato o divorziato (anche più volte), oppure è un single impenitente con qualche convivenza (che lui dice lunga), senza figli o con figli “addebitati” più che meno alla ex, scolarità medio-alta, cultura buona che sciorina soprattutto all’inizio per rendersi interessante, non eccessivamente sportivo (se per sport non si intende seguire le partite alla TV), con molte amicizie maschili reali e molte femminili sui social. Sessualmente, all’inizio, molto attivo
Mi rendo conto che questo identikit può combaciare con moltissimi uomini che non è detto che si rivelino poi dei reduci ammaccati, ma in una manciata di poche settimane, se concederete al soggetto in questione le vostre attenzioni, vi si rivelerà in tutto il suo splendore (si fa per dire).
Ma chi è, realmente, questo reduce ammaccato, una volta svestita la maschera da cucco iniziale?
Dicesi reduce ammaccato l’uomo che per esperienze pregresse, sua indole, un innato senso di sottovalutazione del genere femminile (confermatosi nel fluire delle sue vicende amorose) e inguaribile voglia di singletudine mista a promiscuità nella ricerca di nuove femmine da consumare (e non solo fisicamente), si rivela nel tempo come un soggetto esattamente contrario a quanto promesso e presentato fino al momento dei primi rapporti completi. Un soggetto eminentemente lamentoso, pedante, noioso e spesso tirchio.
Era brillante? Diventa mano a mano noioso e lamentoso, ammorbandoti sempre di più con i suoi problemi presenti, passati e futuri che ne condizionano la felicità e, di riflesso, le vostre uscite, persino il sesso (credo che sia stato un reduce ammaccato a coniare il popolare detto “il cxx non vuole pensieri”).
Era splendido? Ora vi ammorba con il mutuo, con il commercialista che non sa fare i conti, con gli alimenti dei figli o le pretese della ex (e gli scappa ogni tanto un “siete tutte uguali”), nei viaggi passa il tempo a controllare gli scontrini della carta di credito e ti propone di fare cassa comune come al liceo. Insomma, da principe a taccagno.
Era prestante? Beh, il sesso si fa inesorabilmente meno frequente e attivo dopo le sperimentazioni interessanti dei primi giri di orologio. Qualità e quantità cambiano. Perché lui non ha voglia e ne ha sempre meno, perché ci sono tanti problemi da risolvere e i pensieri, si sa, non aiutano. Così le sveltine guadagnano terreno su quelle ore esplorative dei primi tempi a letto, e le richieste di essere “coccolato” senza ricambiare più frequenti. E le vostre proposte indecenti per muovere un po’ lo stagno? Più che indecenti diventano inopportune: non sarà mai il momento giusto.
Era sociale? Tu casa es su casa. Perché andare al cinema, a teatro, al ristorante o vedere gli amici come una volta quando si può risparmiare rimanendo a casa tua dove, fra l’altro, tu cucini così bene? Sai che risparmio (soprattutto per lui, tu devi fare la spesa)! E poi, fra le quattro mura domestiche, lui ti può usare come personal Psicologa, sciorinando tutti i suoi guai e lamentele. Ah, vi vedete anche meno perché lui ha tutti quei problemi da risolvere… poi però te ne parla, tanto.
Era curato? Ora vi si presenta spesso in versione nutria. Barba sfatta, doccia a secco (leggi abuso di deodorante), inesplorabile dell’ombelico in giù. Si è lasciato andare, ha smesso gli abiti di seduttore per rimettere su la giacchetta consunta e che sa ancora di canfora del suo passato, la sua copertina di Linus che è l’abito dell’uomo lamentoso e trascinato. Ferito dalla vita e dalle donne. E dagli amici. E dalla mamma. Pure dai cugini.
Insomma, ecco che ti si rivela in tutto il suo grigiore il reduce ammaccato, come una vecchia auto piena di gibolli e ruggine, sopravvissuta a mille mogli e guai, ma sempre pronta a rievocarli e riversarli sulla compagna di turno.
Che di solito ha una forte indole da crocerossina (leggi qui), soprattutto se cerca di resistere a fianco del noioso e lamentoso partner. Io ti salverò e ti cambierò in un nuovo uomo, pensa illudendosi lei.
E invece lui, che non è migliorabile, cambierà fisicamente lei. Si perché il reduce sarà ammaccato, ma non lo è così tanto da sopire il suo lato narcisista (leggi qui) che richiede nuove prede da un lato per rinnovare il suo bisogno di piacere e autostima (ce l’ha, ce l’ha, solo che è monocentrica ed egoista) e dall’altro per scaricare su una nuova partner tutto il suo bagaglio di sconfitte e disillusioni, per poi dire: anche questa non è all’altezza della situazione, nessuna è all’altezza della mia situazione.
Trovo analogie fra il reduce e il mammone (leggi qui), solo che il secondo non cerca solo una discarica emotiva nella partner. Essendo cozza, cerca un solido appiglio per accasarsi. Il reduce no: lui ha fatto la guerra, si trova bene solo con altri reduci. Quindi, una volta che la crocerossina ha lenito le sue ferite, cambia ospedale perché, in fondo, quella fasciatura mica l’aveva fatta così bene.
Questo è quanto penso io, ma vediamo cosa ci dice una vera esperta, l’amica Giovanna Crespi. Chi è Giovanna? In due parole è una psichiatra e psicoterapeuta, coordinatrice locale della sezione Onda Osservatorio nazionale donna per lo studio e prevenzione dei disagi psichici nella donna. Ma su di lei trovate più notizie qui, sul suo sito.
Ecco come legge il reduce ammaccato la dottoressa Crespi
Il reduce ammaccato è colui che è in debito con la vita dalla quale pretende una ricompensa infinita e lo fa in modo subdolo, in termini tecnici con comportamento passivo-aggressivo.
Invece di trovare soluzioni ai problemi quotidiani il passivo-aggressivo esprime una rabbia rivendicativa verso il mondo e lo fa passivamente attraverso atteggiamenti di impotenza, arrendevolezza. Ma attenzione, non avendo il coraggio di affrontare le situazioni, tende, il reduce, a manipolarle a suo piacimento e convenienza.
È un buco nero che risucchia energie , perché lui non ha più nulla da dare, perché ha già dato tutto, è come un sacco vuoto, da riempire e con molte pretese.
Per alcune donne questa diventa una sfida pericolosa!
Questa situazione di bisogno attrae infatti molte persone, che si identificano con la sofferenza dell’altro cercando in ogni modo di alleviarla. Ed è proprio questa sfida che rende tutto complicato e vischioso.
Nel tentativo di lenire la sofferenza del reduce bisognoso si cerca in realtà di dar sollievo alla propria sete d’amore e di mancanza di attenzioni, come le bambine che quando sentono la mancanza di ciò di cui hanno bisogno cullano e coccolano la propria bambola. Così, prendendosi cura del reduce, si cerca di alleviare le proprie sofferenze con la convinzione che, riuscendo a eliminare le sue ammaccature, si avrà sollievo anche per le proprie.
Ma, purtroppo, il reduce le ammaccature se le porta come medaglie, trofei da esibire e, pertanto, difficilmente se ne vorrà privare. Così, più che ottenere sollievo si incorre in una profonda frustrazione con peggioramento della propria immagine e identità.
Alla base di tutto ciò vi è nelle donne, che incappano in un reduce ammaccato, un bisogno d’affermazione di sé attraverso il riflesso dell’altro, per cui il consiglio è fare di meno, preservarsi, pensare di più alla proprie ammaccature e non a quelle dell’altro, e vivere la relazione come un valore aggiunto, non cercando nella stessa una cura ai propri problemi personali o uno specchio ove ricercare la propria identità.
Fare di meno significa dedicare meno tempo a pensare alle sue pseudo preoccupazioni, ai suoi problemi, e porre più attenzione a voi stesse e alla vostra vita.
Imparare a lasciar perdere… a non entrare nei giochi di interazione quali il cercare di “aiutare” cercare di “spiegare”… Occorre rinunciare al bisogno di vincere o lottare con il reduce ammaccato mantenendo la propria centralità e dignità, avere piena consapevolezza di se stesse di cosa è giusto per voi per star bene.
Questo il parere di Giovanna Crespi che, come avrete capito, vive le vostre storie di crocerossine dell’ammaccato (come vi chiamo io) quando ormai, spesso, ci siete dentro fino al collo, ed è difficile recuperare senza l’aiuto di un esperto.
Il mio consiglio, da semplice osservatore e amante della semplicità felice dell’amore vero, è questo: fidatevi del vostro intuito, non sottovalutate i primi sintomi della sua “malattia” e usateli per… scappare a gambe levate! Prima, non dopo, quando è tutto più difficile.
Sincerely yours
Un sentito grazie a Rebecca Pellizzari, mia figlia, per aver pazientemente ascoltato la mia descrizione del reduce ammaccato per realizzare la sua prima opera sul mio blog. Ti amo mia Rebecca.
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