
Ricevo e pubblico volentieri la storia di una lettrice alle prese col Codice del silenzio o CDS
Caro Alessandro,
anche io mi sono “salvata” in parte grazie al tuo blog.
In realtà, a un certo punto della mia storia durata 10 mesi, quando ormai l’umiliazione si era fatta strada abbondantemente, ho autonomamente adottato un codice del silenzio senza sapere che cosa fosse: mi è solo venuto naturale.
E’ così che sono approdata sul tuo blog che di silenzio parlava in modo più tecnico, accorgendomi pertanto di aver messo in atto qualcosa che aveva un significato meno approssimativo del “non sopporto più di ascoltare le tue balle”.
L’errore enorme che ho fatto io, è stato sbloccarlo tre mesi dopo, quando ormai mi sentivo sufficientemente forte e lui era riapparso sulla porta del mio ufficio, non per giurarmi amore eterno ma per offrirmi una tregua: ancora balle. Ora so che si chiama “orbiting”, infatti da lì i “messaggi del lattaio” si sono decuplicati a non finire, conditi da esplicite richieste di rivederlo (come amico, diceva …).
Ho trascorso tanti mesi dopo a chiedermi stupidamente se ci fosse qualcosa di vero, in quel suo continuare a infilarsi nel mio quotidiano con messaggini colmi di pretesti assurdi, ma non c’era nulla, proprio niente, così dopo ulteriori 8 mesi, visto che non aveva raccolto quel che sperava, è sparito anche dal mio smartphone.
Non ti so dire se ho sofferto più prima del CDS o più dopo, in fondo in quel “dopo” avevo sperato che succedesse qualcosa: possibile mi chiedevo, che quell’amore che io provavo così forte fosse a senso unico? Se a 50 anni la vita ci offriva una chance così imprevista, come si poteva rinunciare, a maggior ragione se lui si dichiarava “innamorato”?
Di certo ho sofferto tantissimo e ogni volta che ci penso, soffro ancora, sebbene oggi ci sia qualcuno al mio fianco, qualcuno che è iniziato come “un chiodo” ma che con la sua tenerezza mi fa sorridere, che mi offre la mano quando camminiamo per strada e cerca di superare la mia diffidenza con una delicatezza inaspettata.
Sono certa che probabilmente avrei fatto le stesse cose che ho fatto, ma non posso negare che in quel periodo il tuo blog, la lettura di articoli che sembravano scritti sulla base della mia esperienza: il finto separato in casa che sta lì solo per il figlio, il tirchio che ti regala la strenna aziendale a Natale, il seriale/cialtrone/entusiasta che appena inizi a chiedere qualcosa annaspa nelle sue banalità, mi aiutavano a definire meglio i miei pensieri, ad affrancarmi da quell’amore che non so perché ho sprecato così.
Se solo riuscissi a togliermi dalla mente il pensiero di lui, se le reazioni del mio corpo quando il suo nome viene fuori fossero meno intense, forse potrei dirmi definitivamente “guarita”. So di non esserlo ancora totalmente, ma certamente sulla buona strada.
Grazie Ale
una tua lettrice
foto Pixabay
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