
È morto Mario B.: lo piangono, disperate, lei e l’altra. Le “famiglie” non si conoscevano.
Elisa Eliselle Guidelli, mia compagna di scrittura (il suo blog è lafacciagenerica.com, e abbiamo scritto insieme un post che ha avuto grande successo, Lui non ti scrive? che trovate qui) mi chiede, come indegno rappresentante del mondo maschile e ancora più indegno conoscitore di esso (anche se spesso ci azzecco): come fa un uomo a tenere perfettamente divisa la vita “normale” e la doppia vita, senza una sbavatura e senza lasciar trapelare nulla né da una parte né dall’altra?
Semplice: grazie alla sua limitata capacità di sentimenti e a una visuale erotica scotomizzata.
La maggior parte degli uomini che conosco e hanno un’amante fissa, cioè praticamente una famiglia parallela (i fuori pista temporanei non incidono sui sentimenti), vivono così perché è normale e bello avere due auto, se uno se le può permettere: l’auto di rappresentanza, quella dove ci carichi i bambini, e l’auto sportiva, quella a due posti con cui ci fai le corse e i weekend con giù la capotte e i capelli al vento.
Le auto stanno in due garage diversi, hanno prestazioni diverse, usano propellenti diversi (una il gasolio, per fare lunghi viaggi, l’altra la V-power, per aggiungere ottani prestanti).È facile dividere le due vite, a parte le balle che si devono raccontare: o prendi le chiavi dell’utilitaria o quelle da fighetto.
Quindi le donne, per non pochi di noi che ne hanno due fisse in parallelo, sono come le auto. Ci teniamo molto, le portiamo spesso a lavare, ma dopo tot chilometri le cambiamo. Di solito quella sportiva.
Durante il viaggio è facile per un uomo di questo tipo, con i sentimenti limitati, dividere completamente, anche da un punto di vista emotivo, le due vite. Intanto perché noi non abbiamo bisogno di condividere con il mondo le nostre emozioni come fate voi: al massimo ci vantiamo con gli amici delle conquiste fatte e delle performance sessuali, ma questo si fa i primi tempi dell’amante, se dura più di sei mesi.
La donna invece ha bisogno di coccolarsi e condividere, almeno con l’amica più fidata, i momenti più teneri (quelli hot sono importanti ma di secondo grado) della storia. E poi la donna parla, parla, parla, l’uomo no.
Osservavo mia figlia all’asilo: siete così dalla nascita. Lei passa il tempo a parlare con le amichette parlandosi a un palmo di distanza dai rispettivi nasi e continuamente, i miei maschi passavano intere giornate stesi per terra silenti a giocare con una macchinina. Se chiedi a mia figlia cosa ha fatto all’asilo avrai una dettagliata cronaca di un’ora della giornata, se lo facevi con i fratelli ti rispondevano con un laconico “ho giocato”.
E poi, lo scotoma sessuale ed emotivo aiuta molto l’uomo. Lo scotoma è un difetto della visione che riduce il campo visivo, una specie di tunnel che ti fa vedere una parte e non l’altra. Le donne, invece, si sa che hanno gli occhi anche dietro la testa.
Mi spiego. Il sesso è il coibente di ogni coppia. Ci si mette insieme per attrazione sessuale, si sta insieme per il buon sesso, ci si tradisce perché si ha bisogno o voglia di fare sesso con altri.
Nell’uomo questa regola viene applicata nella maniera più elementare e ormonale. Nella donna, invece, è rilevante la parte emozionale.Ed emozione, si sa, significa anche condividere, che è il contrario di tenere segreto.
Un uomo è capace di andare con una donna che non considera il massimo come viso solo perché ha un bel culo, la donna va con un uomo se ha almeno tre delle caratteristiche che le interessano: divertente, affascinante, maschio, cioè un minimo strutturato, almeno per i primi cinque minuti… Un bel culo si descrive in un minuto e lo so dimentica, un uomo di carattere va coltivato e raccontato.
Un uomo guarda un film porno e solo le scene di sesso, una donna vuole la storia.
Un uomo potrebbe scopare solo sempre e subito, la donna ha inventato (sì, li ha inventati proprio lei) i preliminari.
Un uomo ha il periodo refrattario e vuole dormire dopo e pochi rompimenti di coglioni, la donna non ce l’ha e vuole o riscopare o le coccole o parlare, condividere.
I due mondi fisici, visivi, emotivi così diversi, fanno sì che l’uomo non abbia un attaccamento automatico a una figura di riferimento, perché sostanzialmente divide i suoi mondi e non sogna sempre quello più bello e appagante, la donna no.
Anche l’amante non innamorata è in parte già innamorata. E, nel tradimento, chi perde totalmente la fiducia se tradita è la donna, perché si immagina lui a letto con l’altra in maniera più completa e meno scotomizzata dell’uomo. In un modo, insomma, non digeribile.
La donna lascia, l’uomo si fa lasciare.
Perché lui, stando sulla Terra, quando guarda l’altra, la Luna, non pensa “che bella e luminosa, come ci vivrei”, ma pensa “Huston, se non ci sono problemi domani parto e ci metto la bandiera, poi torno”.
Gordon Gekko diceva che l’avidità è il motore dell’umanità… Secondo me il motore della visione maschile della doppia vita sentimentale è l’aridità.
ecco cosa ne pensa invece ELISELLE
Appena ho cominciato a leggere l’eminente parere maschile del Pellizzari sulla domanda come fa un uomo a tenere perfettamente divisa la vita “normale” e la doppia vita, senza una sbavatura e senza lasciar trapelare nulla né da una parte né dall’altra?, ho notato subito la comunanza di linguaggio.
È curioso infatti come la metafora dell’auto venga naturale e immediata anche a me quando le donne mi chiedono “ma secondo te, cosa vuol dire quando un uomo si comporta così?”, e iniziano a snocciolare i classici comportamenti dei narcisi e dei paraculi che hanno bisogno di un “parco auto” (come lo chiamo io) da sfoggiare o da utilizzare alla bisogna, o semplicemente per sicurezza, per “sapere che il modello che ho scelto c’è ancora”.
Per tranquillizzarsi sul fatto che non rimarranno mai a piedi se questa tipa o quell’altra iniziano a dargli buca una, due, cinque, dieci volte. Per avere una scopata sicura o un’ancora di salvezza nel caso in cui la donna ufficiale si liberi di loro con un bel calcio in culo. Alle volte mandano messaggi ammiccanti o indagatori anche solo per avere la certezza che la tipa sia sempre lì che li aspetta, e alla sua risposta sono già contenti così: senza nemmeno fare la fatica di organizzare un rendez-vous per un po’ di sano sesso. Troppa fatica, alle volte troppo rischio, alle volte non ne vale la pena. Tanto la scopata è già sicura nella loro testa, e gli va bene così.
Ma non usciamo troppo dal seminato.
Rimango sempre basita dalla capacità maschile di compartimentare.
Quando parli con alcuni uomini, ti sembra di interagire con dei robot.
“Questo cassetto per la famiglia, questo per il lavoro, questo per l’amante, quello per gli amici” e nessuno di questi si sovrappone perché ne viene aperto uno alla volta, con poche eccezioni (ad esempio, quando la coppia esce solo con altre coppie, creando il brodo primordiale e lo zoccolo duro di amicizie giudicanti e compartecipanti che tante noie regalerà una volta che si arriverà alla separazione – lo so, sono sempre molto positiva quando parlo di questi argomenti, ma se potete perdonare Beigbeder di aver scritto “L’amore dura tre anni” potete farlo anche con me per aver scritto “Amori a tempo determinato” ).
Il cassetto per la moglie è una certezza. Casa, famiglia, vita serena, in una parola: cartolina.
Il cassetto per l’amante è un azzardo. Sesso, rischio, avventura, in una definizione: antro dei desideri.
Quello che splende alla luce del sole si nutre di ciò che avviene nel buio di una spelonca, le mancanze di una parte vengono soddisfatte nell’altra, i ritagli dedicati all’amante diventano momenti in cui dare sfogo a tutto ciò che viene disciplinato in una vita di coppia. La regola e l’eccezione che si alimentano costantemente l’una grazie all’esistenza dell’altra e viceversa.
Senza lasciarsi andare a banalità di terz’ordine romanzate quel tanto che basta per renderle quantomeno interessanti, la mia perplessità nasce in fondo da un limite. Un mio limite. Io non riesco a capire da dove nasce la capacità di tante persone (e sono sempre di più, e ammetto che sempre più donne fanno parte del gruppo) di vivere i rapporti in superficie, con un interruttore sempre a portata di mano, che permette loro di accendere e spegnere le relazioni, mettendo sull’ON questo e sull’OFF quell’altro, a seconda delle necessità del momento. Pellizzari dice l’aridità, e posso anche crederci. L’egoismo, anche, ci mette una buona percentuale. Io aggiungerei anche la comodità e l’incapacità di vivere con coerenza la vita interiore e quella esteriore. Ma le casistiche possono essere tante.
C’è chi si è sposato nonsisaperché e s’è pentito ma non può mica dirlo, così meglio un’amante gratis da trombare ogni tanto che un divorzio brigoso e costoso da affrontare.
C’è chi ormai vive in un matrimonio in cui coabita con una sorella, non una moglie, e si organizza il proprio pollaio di fiducia da riempire con donne (single o in coppia, non fa differenza, basta che stiano al loro posto) disposte ad avere i ritagli dei ritagli del tempo che gli rimane.
C’è chi è separato in casa e proprio non ce la fa a staccarsi dalla situazione che vive per i motivi più diversi, e preferisce tenere comunque la seconda vita segreta agli occhi del mondo.
C’è chi invece si dichiara convinto e felice del proprio matrimonio e folleggia qua e là per riempire vuoti che non vuole vedere, soddisfare richieste inevase, appagare il proprio ego, o semplicemente perché si trova una con cui “sta bene” e non vede nessun motivo per chiudere, soprattutto se questa non rompe le scatole e si fa la propria vita come se nulla fosse.
E potrei continuare con le scenette, ché la lista volendo è infinita e piena di sfumature, ma a me non toglie dalla testa nessuno che se fai una scelta di questo tipo, anche se provi a raccontartela e magari ci riesci pure, anche se apparentemente la tua cartolina è perfetta e tutto ti sembra andare bene, anche se la tua vita scivola senza problemi perché sei bravo ad aprire i cassettini uno alla volta e non mischi mai i loro contenuti, prima o poi l’antro oscuro che ti porti chiuso dentro la pancia chiede il conto, vomitando dalle viscere quando meno te lo aspetti tutto il fango che non hai voluto vedere, tutta la sporcizia che hai messo sotto al tappeto, tutte le cazzate che hai raccontato a te stesso e che hai propinato all’altra. O all’altro. Perché certo, le donne sono più facili alla comunicazione (tranne me, che meno parlo meglio sto e da piccola parevo autistica, infatti si vede quanto poco tempo ci metto ancora oggi a leggermi un libro di cinquecento pagine) ma non sono esenti dall’inventarsi favole per vivere meglio i propri limiti, le proprie paure, la propria realtà piccola e stretta da cui intimamente vorrebbero fuggire ma che non hanno il coraggio di lasciare.
Perché secondo me la vera ragione per la quale le persone riescono a condurre una doppia vita come dei robot è quella famosa questione chiamata autoanalisi che è privilegio di pochi, perché ci vogliono un paio di palle che mica a tutti sono state date in dote. Quell’autoanalisi che tutti dovrebbero cercare di fare ogni tanto, per mettere qualche punto o qualche virgola dove servono, e che non è una cosa piacevole per nessuno.
Ma quando è il momento, e quel momento arriva per tutti, è inutile nascondere la testa sotto alla sabbia (quando lo fate, lo sapete che cosa rimane fuori, vero?). E visto che quel momento arriva e bisogna farsi trovare preparati e cercare di affrontarlo a muso duro perché comunque arriverà, i casi sono due: o ci si lascia abbattere dall’uragano o si impara a danzare nella tempesta. Era così, no?
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