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Il mio intervento al 99mo Congresso nazionale della Società italiana di ortopedia e traumatologia SIOT e GLOBE, Gruppo di lavoro ortopedia basata sulle prove di efficacia.

Il 40 per cento degli italiani, quando ha un problema di salute o crede di averlo, prima di rivolgersi al medico consulta il web. Vi siete chiesti come mai? Velocità, autodiagnosi e autogestione, un po’ di paura in cerca di sollievo immediato. Certo.

Si cercano risposte e se ne trovano facilmente tante. Troppe. La maggior parte della gente non sa cosa significa fonte autorevole, anzi non sa neanche che cos’è una fonte. Oppure ha le sue, quelle di cui si fida. Molto spesso sono le versioni online di un giornale che già legge.

In ogni caso il primo referente non è il medico. Spesso è un medico virtuale, che ha il suo sito o fa parte di un pool di esperti di un portale. Se il sintomo non si risolverà nel tempo di qualche click, il medico si ritroverà davanti due tipi di pazienti: il confuso, pieno di ritagli e stampate di notizie contraddittorie, e il preparato, monolitico nelle sue certezze e sicuro della sua fonte, alle quali il medico dovrà ribattere e controbattere, se non ha un parere in linea con il paziente “credente”.

Il problema sorge se il medico, pur sapendo curare, non sa spiegare il tutto in modo chiaro al confuso, e convincente al deciso.

Le riviste e il formato online della rivista, sono diventate un riferimento non solo perché usano un linguaggio chiaro ma perché utilizzano medici qualificati, o meglio, la gente la pensa così. Quindi, di fatto, questi medici sono visti come più bravi, forti di una sorta di certificato di garanzia che fornisce un giornale che non ha tradito mai il lettore da anni. C’è un affidamento forte, pari alla fidelizzazione alla testata.

E questo connubio vince di fronte a chiunque abbia problemi di comunicazione. Non a caso, la richiesta più diffusa del pubblico ai media di riferimento è: qual è il centro migliore, il medico migliore dove curarsi? Certo, interessa anche la nuova tecnica o la nuova cura, ma prima tutti vogliono avere garanzie sul “migliore”. Certo, se ci fossero dei dati riferiti ai successi e agli insuccessi, o alla best practice di un ospedale o un altro sia i giornalisti che i pazienti ci si butterebbero a pesce, ma in questo senso qualcosa si sta già facendo. Ma siamo solo all’inizio. Dobbiamo fare molto di più.

Chi ha problemi di comunicazione fra i medici? Innanzitutto chi parla ai media, o scrive su un sito, ma ovunque, pensando di essere letto in primis dai suoi colleghi, e non dai lettori. Ha paura di quello che leggeranno, penseranno e diranno i suoi colleghi. Certo, essere troppo tecnici nelle spiegazioni, fare lunghe lezioni di anatomia prima di arrivare al dunque, o essere troppo generico sono cose che i lettori pazienti odiano, perché vorrebbero risposte addirittura in percentuali: guarirò al 100 per cento. Mi farà bene al 100 per cento. Ma sono tutti errori che rientrano in un peccato originale, quello appunto di parlare al pubblico sbagliato.

E perché, prima della fatidica visita, un paziente va da un medico e non va da qualcun altro? C’è una ricerca che prima era solo basata sul passaparola, ha curato bene l’amico, curerà bene me. Adesso corre sui media. Più lo vedo, più mi convince, più è bravo. Sei sui giornali? Sei, quasi automaticamente, più bravo per il pubblico.

Non è tutto oro quello che luccica, e quindi non tutte le fonti sono buone e autorevoli, non tutti i giornalisti sono preparati su certi argomenti, o specializzati. Non parliamo poi del fenomeno del copia incolla sui siti meno autorevoli, che non raramente ha l’effetto finale del passaparola fra molte orecchie: il primo dice artrosi e l’ultimo capisce alitosi.

Un aneddoto. Fra i mie compiti c’è quello di “reclutatore di esperti”, perché vivo con i medici e in mezzo ai medici (anche in più di un Comitato Etico) da decenni. Molti anni fa volevo “arruolare” un insigne medico, mio amico ma totalmente refrattario ai giornali. Mi disse: scrivete un sacco di inesattezze, e poi ci sono dei miei colleghi che per farsi belli ve ne dicono di tutti i colori. Sapete come l’ho convinto? Gli ho detto: ma tu che sei così autorevole e riconosciuto da tutti come un maestro nel tuo campo, perché non ci dici tu la verità? E la dici a tutti, sfruttando le edicole di tutta la penisola?

Quindi io ai medici bravi, autorevoli, impegnati, etici lancio, e sono sicuro che ce ne sono tanti ( la Sanità italiana è la terza migliore al mondo, secondo gli ultimi dati), un appello: siete voi che dovete emergere prendendo posizioni chiare, ferme, matematiche (noi adoriamo i dati). Dovete avere il coraggio di comunicare le cose giuste che sapete e in modo che si capisca.

L’errore di comunicazione è la trappola, non la comunicazione, che è sempre un’opportunità.

Non basta: bisogna anche stare al passo coi tempi. E usare i mezzi giusti per comunicare. Non hai un sito internet? Corri a indianapolis con una monovolume. Il sito è fatto tanto per averlo e occupare uno spazio? Se ne accorgeranno tutti, vale un po’ di più di una targa col vostro nome su una via di grande passaggio ma anche molto, troppo trafficata.

Non basta “farsi il sito” dunque: anche lì la comunicazione deve essere chiara. Pensate che mentre noi googliamo per cercare le istruzioni di qualcosa che abbiamo comprato, e le leggiamo, i nostri figli le guardano su youtube. Guardano le istruzioni. Spesso, un breve filmato dice molto di più di un curriculum da generale sovietico con alle spalle mille vittorie e sul petto mille medaglie.

Quindi, per concludere, giornali e siti sono opportunità o trappole per i medici? Dipende da voi addetti ai lavori. Non basta essere bravi: bisogna che gli altri lo sappiano. E capiscano il vostro valore aggiunto. Comunicare bene è sempre un’opportunità. E chi non gioca la schedina è sicuro di non vincere.

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