Divina Commedia: gli ignavi
Divina Commedia: gli ignavi

A Milano, dicesi ruchetè il pappone o, come lo volete chiamare, lo sfruttatore delle prostitute. In realtà il ruchetè moderno non usa per niente il corpo della propria donna per venderlo, usa il corpo della propria donna soprattutto per trarne profitto, in modo comunque da non fare, lui, un cazzo nella vita. Insomma, più che il corpo, usa la mente della malcapitata manipolandola, in modo da ottenerne pecunia, servizi, vantaggi, anche leciti, ma lui non deve mai fare fatica. Il mulo da soma è lei.

Per capirci due storie esemplari. Quella della donna in carriera e quella della cuoca.

C’era una volta una giovane donna in carriera, molto dedita al suo lavoro, nel quale brillava, e nel quale si intravvedevano futuri sempre più rosei. Apprezzata nell’ambiente, ormai gli imprenditori più perspicaci si facevano in quattro per accaparrarsi le sue capacità. La ragazza aveva un solo cruccio: era bruttina. Un giorno incontra un baldo giovane, più giovane di lei di qualche anno.

E’ un ruchetè, ma lei non lo sa. I ruchetè sono bravi a corteggiare: si tengono bene, hanno tempo per sbarbarsi ed essere sempre a posto. Cade nella trappola e i due si fidanzano. Lui che mestiere fa? Fa affari: un po’ di qui, un po’ di là.

Il ruchetè fa sempre “affari”, o è un tuttofare. Magari è stato anche impiegato da qualche parte ma, o lo hanno cacciato a pedate nel culo, ho ha fatto causa cercando di trarre il massimo del profitto con il ricatto, o non lo hanno mai assunto perché è capitato con persone che sanno selezionare il personale e lo hanno subito usmato come ruchetè.

Insomma la donna in carriera accoglie in casa sua il giovane ruchetè (lui vive con i suoi quando non vive con una donna scelta ad hoc) e tutto sembra andare bene. Lui cerca affari, lei lavora il doppio.

Ma a lui non basta. Lui ha la sua visione del mondo del lavoro, che è sfruttamento. Quindi inizia a montare (non solo fisicamente) la ragazza contro il datore di lavoro. Le parole chiave sono: ti sfrutta, tu sei molto più brava di lui, potresti metterti in proprio, se gli fai causa, con la qualifica che dovrebbe darti, diventiamo ricchi.

Insomma la poveretta, seguendo il cuore e i consigli del ruchetè, da migliore dell’azienda si trasforma in tribulatrice, pianta grane, persino assenteista quando lui la chiama al suo letto, sobillandola con “prenditi una vacanza alle spese del tuo sfruttatore” e stai qui con me.

L’epilogo è triste: lei si licenzia, si mette in proprio perché il ruchetè è avido di denaro e vuole un income triplo, ma non è pronta per fare l’imprenditrice. Così fallisce, lui la lascia, e quelli che la volevano prima ora la evitano come la peste perché inaffidabile.

C’era una volta una bravissima giovane cuoca. Una brava cuoca è brava perché ama il suo mestiere. Questa cuoca lavorava in un ristorante familiare, dove veniva trattata non come una dipendente, ma come un membro della famiglia.

Il proprietario del ristorante ricompensava la sua dedizione con regali e bonus extra e, non avendo figli, iniziava a pensare (e farle capire) che forse un giorno avrebbe potuto diventare socia.

La cuoca cicciottina un giorno conosce un cliente giovane e carino. E’ imbarazzata: lui le fa un sacco di complimenti, la corteggia. L’imbarazzo però cresce quando lui si accorge di aver dimenticato il portafogli a casa e si spertica in mille scuse con lei. Il padrone non c’è, e lei decide di dare credito al giovane bello: me li porterà un’altra volta.

Non lo sa, ma il giovane è un ruchetè che gli ha appena fatto un test, che lei ha superato con il risultato di “pollastra”.

Per “sdebitarsi” lui la invita a un aperitivo (costa poco). Lei è felice: un uomo nella sua vita era da un po’ che non c’era. Poi salgono a casa di lui e lei si concede. Inizia così la sua storia d’amore unilaterale: lei va ad abitare da lui: si vedono solo di notte, perché lei fa doppi turni al ristorante adesso (li ha chiesti lei perché lui, poverino, è disoccupato).

Il ruchetè si informa bene di tutti i dettagli del suo lavoro. Decide di farle chiedere un aumento, nonostante ne abbia avuto uno solo sei mesi prima. La poverina lo chiede: il proprietario però fa osservare che lei ha appena avuto dei soldi in più, e che sa che il ristorante, per quanto “sano”, è in pari, il che con la crisi è già un miracolo.

Il ruchetè allora decide di vendicarsi. Grazie a un medico compiacente e a un po’ di stanchezza della ragazza, la fa mettere in malattia. Prima una settimana, poi un’altra, poi un’altra.

Quando torna a lavorare la cuoca non è più felice: il ruchetè è riuscito a instillare in lei un rancore verso il datore di lavoro che non ha senso e prima non c’era. Lei non si diverte più a fare la cuoca. E si vede. Sbaglia, si assenta, diventa indisponente finché il proprietario, suo malgrado, decide di licenziarla e sostituirla con un’altra giovane di belle speranze, com’era lei prima di incontrare il ruchetè.

Una che il proprietario ha conosciuto proprio per sostituire le lunghe assenze “furbe” della cuoca. E’ proprio vero: chi va via perde il posto all’osteria.

Lascio a voi l’epilogo che volete o immaginate. Vi dico solo che il ruchetè non ha mai pagato il conto del ristorante.

Il ruchetè è un parassita che non si attacca solo a donne sole o bisognose di affetto, perché sa come penetrare le difese sentimentali di quelle che hanno bisogno di appoggiarsi a quello che, verosimilmente, assomiglia a un maschio tutto d’un pezzo.

Ma basta fargli qualche domanda e verifica su una cosa sola per smascherarlo: il lavoro. Il ruchetè è un pluridisoccupato atavico o un trovarobe tuttofare faiaffari… basta che non ci sia da sudare. Ed è molto più curioso del vostro lavoro che di tutto il resto, sesso compreso. Non è facile, perché è un raccontapalle, ma non fatevi obnubilare dai suoi modi: lancia in resta e scudo alto. Lui non resiste per troppo tempo, fategli il terzo grado e… Stateve accuorte!

Perché il ruchetè non rovina solo l’amore, rovina la vostra immagine. E succhia via il vostro futuro. I ruchetè vanno tenuti alla larga. Distruggono e basta. Sono come ratti infestanti. Possono sembrare, all’inizio, cricetini carini, ma guardate bene la coda…

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3Commenti

  • Vale, 21 Maggio 2016 @ 22:21 Rispondi

    Alessandro, ma quegli uomini che chiedono soldi alla donna, o chiedono di avere in prestito la macchina, o si installano a casa di lei per risparmiare sull’affitto, oppure fingono sentimento per ottenere un visto di soggiorno, appartengono anche loro alla categoria dei ruchetè?

    • alessandro pellizzari, 21 Maggio 2016 @ 22:40 Rispondi

      Se sfruttano e basta…

      • Vale, 21 Maggio 2016 @ 23:18 Rispondi

        Chi chiede in modo diretto, si rivela subito per quello che è. Secondo me la categoria più subdola è quella che io chiamo “i cacciatori di visto “. Questi si mettono in chat e dei profili femminili leggono solo la residenza, e poi scrivono a quelle che abitano in nazioni più ” benestanti”. Si sgamano in fretta perché invece di chiederti che libri ti piace leggere o che film guardi, ti chiedono se da te è facile trovare lavoro, se hai la macchina, quante stanze ha la tua casa, se sei in affitto, ecc… Cioè parlano solo di soldi ma se glielo fai notare dicono che tu sei speciale, che gli piaci, ecc…

        See, va be… e poi arriva la marmotta con la cioccolata!! 😀

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