
Primo appuntamento. Lei: a che ora ci vediamo. Lui: quando preferisci. Lei: dove andiamo di bello? Lui: non so, hai preferenze? Lei: fine del primo appuntamento.
Questo scambio, raccontato sulla bacheca di un’amica, mi fornisce lo spunto per parlare di quanto, già al primo appuntamento, un uomo può dare indizi importanti sul suo interesse per voi e/o sulla sua pochezza come potenziale partner.
La mia amica, come molte di voi single, single di ritorno, separate, divorziate e quindi sul mercato delle papabili ci è già passata e non ha perso tempo: non ci è uscita, declinando l’invito. Chi non ha il minimo sindacale di decidere neanche orario e destinazione, figuriamoci sui temi medio grandi di coppia che cosa combinerà.
Ma… Ha fatto bene, si chiederanno in molte? Non è esagerata? Non è stata troppo rigida? Magari questo poi a cena si trasformava in principe azzurro, tutto romanticismo ma con la giusta spruzzata di machismo che vi fa immaginare possibile andare a letto con lui, o almeno una escalation.
Grazie ai miei superpoteri di amico delle donne, per dimostrarvi chi ha ragione veramente, mi teletrasporterò nel cervello del pretendente moscio della mia amica ragionando come lui “ad alta voce”.
Tutto parte da un primo incontro, non importa dove. Prima conversazione, lui si accorge che può interessare e osare un primo appuntamento, visto che ottiene anche il numero telefonico.
Lui pensa: sì carina, ma non dobbiamo fare troppa fatica per scoparcela. Poi questa è un po’ intellettuale e culturalmente evoluta quindi complessa, forse logorroica, analitica, magari neanche zoccola.
Mmmmm… Ma alla fine te la tromberesti? Mah sì. Allora proviamoci. Dove la porto? E che cazzo ne so. Se poi questa è cerebraloide e io sbaglio mi fa una testa così e, magari dopo averci investito una cena, manco me la molla. Mi sembra sicura di se stessa, facciamole fare l’uomo, risparmiamo neuroni, passi falsi e commenti e lasciamo fare a lei.
A che ora? Io farei alle otto, in due ore mangiamo, la riaccompagno a casa alle 22, alle 23,30 circa siamo al secondo giro e a mezzanotte sono a casa che domani ho la partita di tennis. Però poi non vorrei scoprire il mio gioco, vediamo cosa dice lei. Se sceglie di vederci presto magari vuole una serata lunga…
Ce li avrà lei i goldoni? Forse no, che palle mi tocca fermarmi a prenderli. E il budget sale. La cena mi costerà 150, i goldoni 15, magari mi tocca dare 5 euro a uno per una rosa al ristorante, figa ma perché queste non le puoi fare fuori con una pizza? Ah, ma al secondo giro o mi invita lei a cena a casa sua o pizza e birra assicurate! E se mi porta in un posto caro voglio vedere se poi ha il coraggio di non darmela subito!
Riesco per un attimo dal cervello del tizio del primo appuntamento e facciamo finta che la cena abbia seguito. Hanno seguito però anche le pochezze del maschio “che non decide e scopo ma senza fare troppa fatica”.
A tavola il vero uomo, che dovrebbe aver scelto un suo campo dove giocarsi la partita (e quindi suggerire lui i piatti, scegliere il vino) ma ha fatto il grande errore di delegare, potrebbe recuperare leggendo lui il menu e facendovi delle proposte, e il vino è strettamente di sua competenza.
Invece, se è sotto il minimo sindacale, vi farà scegliere anche il vino costringendovi, da vero gentleman, a dare un’occhiata alle cifre. Terribile! Ma ormai siete lì e dovete giocare.
Voglio essere buono. È sicuramente maleducato, poco galante, ma magari è simpatico e scopabile. Dategli una chance che duri l’antipasto, massimo il primo.
Se prima di ordinare il secondo è stato noioso, avete parlato sempre voi o, peggio, ha parlato sempre lui di quanto è bravo nello sport, nel lavoro e nella vita, ecco una piccola lezioncina che potete impartirgli e che non scorderà.
Visto che vi ha fatto ordinare fino a quel punto da sole ordinate di nuovo. Aragosta direi. E una seconda bottiglia da 200 euro. Godetevela a sue spese. Ordinate anche un bel whiskey di malto 16 anni alla fine. Qui i casi sono due: se è davvero pezzente interverrà sulle vostre scelte dicendovi, papale papale, no costa troppo. A quel punto andate a casa con un taxi. Subito. Tanto “quella troia voleva l’aragosta” ve lo beccherete comunque.
Oppure soffrirà in silenzio, ma con un pensiero fisso: beh cara, con quello che ho speso me la devi dare subito, come se le vostre grazie, e i tempi di consegna, dipendessero dalla cifra finale della ricevuta.
Sarà infuriato quando, sotto casa vostra, cercherà di baciarvi o vi chiederà di salire (dipende da quanto il salasso gli brucia) e voi gli direte: scusa, sono molto stanca, grazie di tutto. O vi sottrarrete al bacio dicendo: grazie di tutto.
Non lo sentirete mai più. Non lo vedrete mai più. Non aspetterà neanche di vedere che siete entrate nel portone sane e salve. Nell’etere, forse, echeggerà dalla sua macchina sgommante di rabbia un “vaffanculo troiaaaaaaa”.
Chissà perché per certi uomini una che non te la molla diventa automaticamente una troia… Comunque voi sarete salve e vi sarete anche un po’ vendicate della serata con l’uomo che quantifica le scopate in portate, tempo e parole investite.
Ma non contate sul fatto che abbia imparato la lezione: certi uomini non imparano mai, non migliorano mai. Meglio non uscirci, come ha fatto la mia amica.
Sincerely yours
Ps
Ora mi aspetto i soliti commenti maschili. Baggianate, banalità, mica siamo tutti uguali, luoghi comuni. Certo, luoghi comuni. Anzi, comunissimi. Per diffusione.
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