Tremila persone popolavano la grande nave che solcava il mare della Serenissima fino ai suoi più lontani domini. Come Marco Polo, annotavo sul mio diario di viaggio (lui lo chiamò il Milione, io lo chiamerò l’Euro) le cose meravigliose che la navigazione mi regalava ma, ancor di più, le strane genti incontrate su quest’isola galleggiante, coacervo di razze e di tipologie variegate, delle quali vado qui a narrarvi.
I giocatori di uno
La prima colazione mi ha regalato il primo quadretto degno di nota della crociera. Dietro il nostro tavolo all’aperto, sei amici ridono a crepapelle. Li osservo: hanno età che variano dai 65 ai 70, sono tedeschi. E giocano a Uno, il gioco dei miei figli, quell’elementare tenzone in cui freghi le carte agli avversari e gliele affibbi proprio sul più bello, quando stanno per scartare l’ultima sudata cartina. Un gioco infantile e bello come loro. Che hanno ritrovato la giovinezza e l’infanzia. Splendidi davvero: mi auguro un gran finale così.
Il Pantagruele dei poveri
Non poteva mancare. Rigorosamente italiano (purtroppo), eccolo il divoratore del self service. Mi passa di fianco, con due piatti ricolmi di tartine e brioches, barcollanti montagne di cibo per lui. Mi viene in mente la scena di Animal House, con il grande John Belushi che si mette in tasca i panini, ingoia interi budini e tartine. Ma l’abitante della crociera non fa ridere. La sua non è fame. Sulla fronte, infatti, appare la scritta “all inclusive”: è il suo credo, la sua filosofia di vita. Fino a scoppiare. Rip.
I diversamente abili abilissimi
Lui, anziano, cammina con difficoltà: la sorte o la genetica, scegliete voi, gli ha imposto una pesantissima ancora da trasportare. Ma è sereno, felice con la sua lei. Che però non lo può aiutare in questo viaggio, perché si è fatta male a una gamba (ingessata), e lui deve spingerla sulla carrozzella. Sfigati al quoto? No, beati e pronti a superare ogni insidia della vita come noi “abili” non possiamo immaginare. Lui spinge e ride, lei lo aiuta come può e ride: e la vacanza continua, contro tutto e tutti. Nonostante tutto. Che Dio vi benedica.
I due single senza bussola
In ogni crociera c’è qualche single in caccia grossa. Eccolo: abbronzatissimo, scolpito dalla palestra, accuratamente brizzolato, costumino con bilancia annessa per dimostrazione del tanto al chilo, sguardo da predatore affamato. Lo osservo da due ponti più in alto e ne annoto la strategia. Decide di piazzarsi a fumare in un punto strategico davanti alla piscina. Fortunato, sta arrivando da destra (ancora un po’ lontana, la nave è fatta di chilometri e io sono in una posizione privilegiata) una single: bella, alta, bionda, niente fede al dito, si guarda attorno disdegnando lo sguardo dei maschi accoppiati ma potenzialmente fedifraghi mentre cerca l’uomo solo, lui. Mancano pochi metri ma… noooo. Il mio eroe si alza dal tavolo e sale le scale per calarsi in una delle vasche idromassaggio, peraltro ricolma di panze ingombranti. E lei? Nooooo, si siede al tavolo ancora caldo del costumino di lui e si accende una sigaretta, con sguardo languido e perso nel mare. Aspetta: lui stufo di fare l’idromassaggio con la cellulite e il grasso addominale degli altri si alza, si asciuga come un dio greco al sole e sta per scendere dalla nostra bella! Che però si alza, spegne la sigaretta e, per vie traverse, raggiunge la stessa vasca idromassaggio, snobbandola. E lui vaga, senza bussola. Sliding doors. Non si incontreranno mai, neanche in discoteca: lui va in quella di poppa, lei in quella di prua.
Il non genitore
Al club per piccoli e meno piccoli si avvera il sogno di ogni genitore: puoi lasciarli lì a “marcire” (in realtà i miei si sono divertiti un sacco) anche dalle 9 a mezzanotte. Sta al tuo cuore di genitore, e alla voglia sana che hai di stare con loro (senza cadere in quella insana del sempre insieme, una condanna) e al loro grado di divertimento calibrare i tempi insieme e separati. Certi non genitori non si fanno scrupoli: il miniclub è un posteggio premeditato, così come probabilmente lo è, a casa, la tv e i videogiochi babysitter. Ecco perché mi ritrovo solidale con la bambina di dieci anni che apostrofa il genitore così, davanti all’ennesimo posteggio forzato al club: “io non condivido che tu mi lasci qui, perché noi dovremmo stare insieme, e invece tu mi lasci tutti i giorni qui”. Il genitore sembra un gatto di marmo: nessuna risposta, consegna immediata.
Io danzo da solo
A Compieta il grande bar a nord della nave perdeva il suo aplomb internazionale per trasformarsi in balera: mazurca & Co. la facevano da padrone. E lì si lanciavano le coppie del liscio, più o meno brave, con il solito fenomeno da festa dell’Unità della bella romagna, le donne che ballano con le donne. Finché non appare lui: una visione. Alto, magro, sessantenne, calvo ma con 16 capelli lunghi attaccati a corona intorno alla testa, camicia sgargiante aperta fino all’ombelico e pantaloni attillati neri. Lei non conta, non sto neanche a descriverla. Lui la trascina, eretto, fra caschè e piroette, ma è lui il protagonista. Scatta di qua, di là, la lascia per fare un numero da solo, gesticola, sorride alla Charlton Heston, tutti guardiamo lui. La pista è solo sua. Un po’ Belfagor (per la postura rigida ma fluttuante) un po’ Ginger Rogers (per il protagonismo quasi femmineo) è così preso dalla sua danza che fa volare la sua partner per terra e la calpesta, purtroppo uccidendola. Ma continua a danzare.
ps: l’ultima parte non è vera ma realistica
Nuove superdonne
Lei ha 12 anni, bionda, carina, educata. Fa amicizia con il mio maggiore. Tento di estirpare informazioni. La rispetto, mi dice Nicolò. Come mai un giudizio così peculiare? Mi aspettavo un carina, simpatica… Risposta: quella sa farsi rispettare. Uno le ha fatto un apprezzamento volgare e con un calcio lo ha tirato giù, fa karate. Chapeau signora, contiamo su di te per il futuro.
Grazieeeeeeeee
Sulla lunga nave i pianisti vengono ubicati strategicamente. Quello che mi ha colpito era in una posizione non felicissima, cioè in un punto di passaggio e davanti all’unico bar che aveva pochissimo all inclusive. Suonando e cantando, riusciva a salutare tutti inserendo ciao piccola, buongiorno, bentrovati, il tutto nella canzone e in tutte le lingue. Un mito. Finiva con un grazieeeee, merci beaucoup, danke con la voce del grande Poli. Un artista al punto da riconquistare l’attenzione nonostante la fretta degli astanti.
Il servo muto
Ci sono donne che vanno in crociera solo per comprare ed esibire vestiti di gala. Una di queste era drappeggiata con lo strascico e da Royal wedding anche a mezzogiorno. Qualcuno mi ha raccontato che avevano anche dovuto ritardare un’escursione per il suo mantello d’ermellino impigliato fra la nave e la lancia di trasbordo ormai a due miglia dalla costa. Ma lo spettacolo era il marito. Zitto, in coda a lei, vestito di stracci, sempre. Un servo muto che una sera ha osato indossare uan camicia su misura talmente stropicciata che le cifre non rappresentavano le sue iniziali ma erano A I U T O. Vestiva nei peggiori bar di Caracas. Lei faceva impallidire i Tudor versione battaglia contro la Spanish Armada.
Ormai stanco dal mio peregrinare in mare, rimiro sulla tolda Marco e Todaro che si avvicinano. I remi solcano la laguna, le vele si inchinano davanti alla Basilica. Torno nella mia Venezia, ebbro di bellezze e di immagini di popoli lontani che questo viaggio periglioso mi diede modo di esplorare. Aprimi, ancora una volta, le tue grandi porte o mio palazzo avito, che agogno il riposar in terra ferma e Serenissima, col suono di mille campane e lo sciabordio dell’acque a me così care e familiari. Pax tibi