Ecco la pagina di Starbene, il mio giornale, con l’articolo che ho scritto su Tinder, la app per smartphone per “cuccare”, con tutti i dettagli tecnici sul funzionamento, sui quali qui non mi dilungo e, soprattutto, il parere della psicologa, molto più autorevole di me.
Io? Questa volta non mi limito a dirvi la mia, io Tinder l’ho provato per due mesi.
Di fatto Tinder funziona come un navigatore. Una volta sul tuo telefono, cerca le donne o gli uomini compatibili con te per età, interessi e, soprattutto, distanza, un fattore che lo rende unico e geniale, e capirete perché leggendomi. Lui li cerca e te li fa vedere, con le foto e il messaggio di presentazione. E tu decidi: vedi la tua lei e se metti il cuoricino ti piace, altrimenti la “scarti” con una X. Se, dall’altra parte tu piaci il sistema vi permette di chattare, rompendo il ghiaccio.
Me lo ha fatto scoprire un giovane collega, che lo utilizza per cuccare. Mi ha raccontato che è fantastico alle feste, nei raduni all’Arco della Pace, in discoteca. Lui che fa: setta la distanza dove cercare la partner anche sotto al chilometro, e vede le ragazze compatibili a poca distanza. Loro vedono lui e, se c’è feeling, scatta la chat. Qualche battuta e il gioco è fatto. Non resta che incontrarsi, e magari eravate a pochi metri di distanza.
Lui dice che Tinder è uno spezzaghiaccio fantastico, e ti permette di evitare le brutte figure, i due di picche e la tensione del primo approccio vis a vis. Insomma, il più è fatto e non ti resta poi che approfondire, ma con l’animo leggero.
A me ricorda i bigliettini scambiati alle elementari con le bambine con su scritto “mi piaci”, o quando mandavamo l’amico o l’amica del cuore a tastare il terreno dall’altra parte per sapere se c’era possibilità di tenero fidanzamento. Tinder è il bigliettino 2.0 dell’amore, con navigatore incorporato.
Ma veniamo a me. Chiesto il permesso a mia moglie (il lavoro è lavoro…), mi sono messo su Tinder, con l’intento di provarlo e di arrivare a intervistare l’anima gemella che sarei riuscito ad ammaliare.
Ho messo 5 foto, una presentazione fra il popular e il sentimental journey (ufficiale e gentiluomo, sì, ridete pure), la mia età vera (53 anni), settato la distanza massima entro la quale volevo trovare la dolce metà (fino a 160 km) e, infine, il range d’età della mia potenziale bella, cioè dai 25 ai 50 anni. E ho aspettato.
Emozione mista a curiosità quando sono apparse le prime donne sul mio Iphone. Certe bruttissime, certe bellissime, di tutte le età. Ecco, mi ha colpito l’età: dai racconti del mio amico mi ero fatto l’idea che Tinder fosse arena per giovanissimi, e invece… Splendide quarantenni e cinquantenni, quelle che preferisco (leggete qui). Bene, mi sono detto, sto mettendo tanti di quei cuoricini che prima o poi qualcuna ci starà no?
Dopo una settimana di cuoricini e di selezione di ragazze, quasi trenta al giorno, mi stavo scoraggiando quando finalmente appare un blink, un avviso: Claudia è compatibile con te e ci puoi parlare. Claudia è notevole: 32 anni, corpo mozzafiato e foto in costume. Azzardo un ciao come stai. Mi risponde dopo 10 lunghissimi minuti: ciao, cosa cerchi qui? Ahia… Cerco un’avventura, azzardo io. E lei: e saresti disposto a tutto? Il crollo di un mito: mio silenzio e la signora sparisce.
Vabbé mi dico, cose che succedono. Il tempo passa, ne passa troppo. Cambio le foto. Aumento il range di ricerca. Mia moglie mi consola: dai che non sei brutto, a me piaci! Riparte la caccia: finalmente mi risponde Laura, bionda, 40 anni, carina, con figli. Le dico ciao. Silenzio. Ci sei? Sparita. Un disastro. Ormai mi sono quasi stufato di Tinder, anche se vedere certe bellezze che passano sul mio smartphone è stimolante. Penso anche che, visto il mio successo, sarà difficile riuscire a incontrare e intervistare una nuova “amica”. Mia moglie mi piglia sempre più in giro e vuole regalarmi un ovetto “Tinder” per tirarmi su: si sa il cioccolato è serotoninergico. Ma ormai sono lo sfigato di Tinder.
Scrivo il pezzo per il giornale, fra le risate delle colleghe alle quali racconto delle peripezie dello sfigato di Tinder quando, come per incanto, appare lei… Vanessa. 28 anni, bellissima, sexy. Le chiedo come mai una ragazza giovane (incrociando le dita perché non mi chieda di staccare un assegno) sia interessata a un over e lei mi dice che l’età e l’aspetto non contano e che quello che è importante è ciò che uno ha dentro. Lo racconto a una collega che scoppia a ridere e dice: sì, dentro il portafoglio! Piccato, continuo a chattare con Vanessa, facendole una serie di domande. Lei risponde, ma non è interessata a fare delle domande a me: strano, se per te un uomo è contenuto e non involucro… La “relazione” dura pochissimo. A un certo punto lei non risponde più.
Lo sfigato di Tinder ha raggiunto la nemesi: non solo non piace, non sa neanche chattare. O forse, semplicemente, la pesca deve durare di più di poche settimane.
Penserete che sono come la volpe e l’uva ma, nonostante la mia propensione per le tecnologie e il fatto di trovare Tinder geniale come sistema, in realtà non avere il primo approccio diretto è un handicap per quelli come me, che se la giocano da sempre tutta con battute, sguardi e simpatia. Tinder è comodo, ti porta diritto nella via che volevi raggiungere, ma è un filtro che forse funziona per i più giovani, dove l’approccio è più standard e… meno evoluto.
Alla fine, pensando al mio passato da single e alla bellezza della mia attuale e ultima moglie, mi sono sentito meno sfigato virtuale e più figo reale. E mi sono ricordato quando mio figlio Nicolò, 12 anni, bello come il sole, con i suoi occhi grigio azzurri mi ha chiesto: ma papà, ma tu come hai fatto a far innamorare la mamma? Beh, l’ho corteggiata, l’ho fatta ridere parecchio. E Nicolò: eh beh certo, tu non è che sei un granché di faccia. Silenzio. E poi io, avvicinandomi a quel viso da angelo gli ho sussurrato: certo Nicolò, tu sei bello e non avrai mai problemi con le donne ma attento… ci sarà sempre nelle vicinanze uno come papà che… zac! Te la potrà portare via con una battuta! E non c’è Tinder che tenga.
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