In questa puntata della mia storia d’amore con Rita, la ragazza conosciuta alle Maldive in viaggio di nozze (Qui il link della prima puntata), scoprirete come e quanto un amore che ha tutti i numeri in regola per la felicità può diventare una galera per colpa dell’egoismo e della razionalità maschile.
Dopo essermi innamorato di Rita, dopo aver fatto di tutto per farla innamorare, dopo esserci riuscito, al momento di costruire una vita insieme ero scappato. Come un ladro. Vigliaccamente. Noi uomini siamo fatti così: di fronte a certe scelte scappiamo. O rimandiamo. Nel mio caso, ma sono stato un prototipo del maschio medio (oggi pentito) avevo soffocato il cuore con la parte razionale, quella del “non cerchiamoci problemi, meglio la sicurezza della routine”.
Avevo lasciato Rita in una valle di lacrime. Le avevo messo un tappeto rosso sotto il tacco 12 che portava al nostro futuro e poi, davanti alla soglia, glielo avevo strappato da sotto facendola cadere rovinosamente a terra. Si era fatta molto male, ma era ancora innamorata.
Io avevo deciso che non l’avrei più sentita. Meglio così. Sarei tornato gradualmente alla mia vita di prima (anche mia moglie mi voleva ancora, non chiedetemi perché) e tutto si sarebbe rimesso in linea con quello che era giusto. Questo il piano a tavolino.
Ma il cuore non mente. All’inizio ti senti sereno e pensi quasi “oooh mi sono sbarazzato di lei e di tutti i guai, di questa vita sregolata e dal futuro incerto” ma poi, puoi pensare tutto quello che vuoi ma il cuore inizia a sussurrare. Lei mi manca. Cosa farà adesso? L’avrò persa veramente? Sarà con un altro uomo? Uscirà, conoscerà altri uomini? Ecco, questo era intollerabile.
Così il giorno dopo la chiamo e le dico che mi manca. Dall’altra parte sento una persona ferita ma ancora innamorata. Non è uscita, aspettava la telefonata, era incollata al telefono. Le spiego che mi ero spaventato, le nascondo il mio piano per il futuro (lasciarla davvero, ma gradatamente, quando ne avrei avuto la forza) e concordiamo di vederci fra qualche giorno.
E così inizia un anno terribile, fatto di prendi e molla, di weekend bellissimi e di rientri tristissimi. Da uomo vigliaccherrimo, poi facevo in modo che fosse lei a lasciarmi, le volte dopo, quando proprio vedeva che io ero ancorato alla mia vita precedente. Quando era esausta. Non ci si vedeva per una due settimane, ma io telefonavo tutti i giorni per tastare il terreno. E lei era sempre lì, non so con che forza.
E’ il motivo per il quale chi mi segue di voi sa che faccio i miei profili maschili così terribili e accusatori: io so cosa pensiamo, cosa siamo capaci di fare, quanto possiamo essere egoisti e spietati con voi. Donne belle, intelligenti, innamorate, tratyate con una ferocia sentimentale che arriva solo dal fondo dell’anima nera di un maschio.
In questo lungo anno di tira e molla, di miei rientri a casa e di ripresa della relazione con Rita, c’erano dei momenti che andavamo via per il weekend. E lì si toccava il paradiso, capivamo che eravamo, nonostante me e il mio cervello da approfittatore, veramente innamorati.
Succede che andiamo ad Amalfi, ospiti di un caro amico, ancora oggi molto importante per me. Siamo all’hotel dei Capuccini, un convento che sovrasta una delle baie più belle del sud. Sono giorni meravigliosi d’amore, ma aleggia su di noi il tira e molla che sta segnando questo secondo anno della nostra storia.
Rita, donna coraggiosa, affronta l’argomento in maniera schietta al ristorante, il Lido Azzurro, sul mare (ci torneremo dieci anni dopo per far vedere che ci siamo ancora…): tu non sei risolto, mi dice, io sono innamorata di te ma tu non sei convinto, ti sei solo separato fisicamente, non mentalmente. E’ meglio che questa volta ci lasciamo davvero senza sentirci più.
Io, con la morte nel cuore, ma sempre con quello strano senso di respiro di sollievo che mi pervade ogni volta che chiudiamo la nostra storia, acconsento.
Io non so se voi avete mai fatto l’amore piangendo. Beh, lo so che sembra una roba da film, ma a noi è successo quel pomeriggio. Pensavamo che fosse l’ultima volta, e lo abbiamo fatto con le lacrime agli occhi. Poi è arrivato il momento di partire.
Su quell’aereo per Milano, facevamo già gli estranei. In coda io davanti, lei dietro con gli occhiali neri per coprire il pianto. Seduti lontanissimi, mi sento pervadere da un senso di ribellione e impotenza. Ma perché dobbiamo soffrire così? Lo so, è colpa mia che non mi decido… Forse ci vorrebbe un’entità superiore che decidesse per me: fai che questo aereo cada! L’ho pensato veramente, in tutta incoscienza. Quando una storia travagliata d’amore è senza una via d’uscita pensi anche a queste follie. All’aereoporto mi avvicino e le dico: ti chiamo. Lei sta piangendo sotto gli occhiali neri, e scuote la testa. Stavolta basta, no.
Nei 15 giorni successivi, ed è la prima volta che passa così tanto tempo per sentirci, io passo dalla calma alla disperazione. Ci riprovo anche con l’altra, ma ormai c’è un solco che ci divide. E’ rimasto il rispetto, sono tanti i ricordi, ma quello che è successo ha creato una voragine. Nonostante questo io continuo a pensare che “mi conviene” tirare avanti con la mia vita passata, piuttosto che giocarmela con Rita.
In quele periodo danno al cinema L’Età dell’innocenza, con uno strepitoso Daniel Day Lewis e una meravigliosa Michel Pfiffer. Del film due scene mi atterriscono. Una è quello in cui c’è lui che guarda la neve nel capanno dove si è incontrato con la sua amata, entra sua moglie a interromperlo con una stupidaggine e lui pensa: Dio fai qualcosa, sblocca questa situazione, fai che muoia. Ecco, io non ho mai pensato a qualcosa contro di lei, ho pensato a un aereo che cadesse con me sopra e Rita anche, ma mi sono vergognato a quella scena.
E poi c’è quella che segue: Daniel ha deciso per la moglie e non per l’amore. Passerà una vita agiata, anche tranquilla, ma ha perso l’amore, e se perdi l’amore non sarai mai felice, per tutta la vita.
Anche Rita si è fatta del male andando da sola a vedere lo stesso film. Dopo mi chiama e mi dice queste parole: io non voglio che finisca così.
Dunque lei è lì ad aspettarmi. Non ha miracolosamente avuto nessun uomo, il mio spauracchio più grande. Ha pianto tanto, mi dice, anche sotto la doccia, anche guardando il meteo. Io ti amo, le dico, e non voglio vivere senza di te. Qui ci vuole una svolta. E ci rivediamo
Nella prossima puntata leggerete (vai qui) come raggiungerò in maniera rocambolesca Rita a Cuba, dove avremo una sorta di viaggio di nozze. Una settimana meravigliosa. Ma al ritorno…
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