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Mia madre è stata la donna che ho amato di più nella mia vita. Me l’ha portata via un tumore al seno quando era ancora giovane e in grado di godersi i suoi nipotini. Una recidiva di un tumore precedente, operato e tornato, e mal diagnosticato.

Il male se l’è portata via in un anno. Quando ho saputo che non aveva scampo, mi sono alzato da terra, azzoppato dal dolore, e ho detto ai medici e a mia sorella: nessuno, mai nessuno, dovrà dirle che non ha speranze.

E così è passato un anno terribile di menzogne per me e di serenità per lei, che credeva di essere curata e di avere una chance di vivere. Ma non era così. Per fortuna il cancro aveva attaccato le ossa dello sterno e non della schiena, e quindi lei non aveva tanti dolori.

Io avevo approntato tutto: ricovero immediato se i polmoni si fossero riempiti troppo d’acqua, nel silenzio di tutti.

Poi, grazie a mia sorella, arriva la Vidas. Arrivano quando non c’è più niente da fare da un punto di vista di cure, ma fanno la differenza nell’ultimo cammino.

Angeli che vivono di sole donazioni, a disposizione 24 ore, ma non sono solo infermieri, medici, dame di compagnia, fisioterapisti: sono angeli. Leniscono il dolore, le piaghe, danno conforto con le parole.

Io li ho visti con mia madre:hanno le ali, e li circonda una luce di bontà.Sono messaggeri di Dio che ci vuole dire: la bontà sulla terra esiste, eccone la prova.

Mia madre, anche grazie a loro, ha passato il suo ultimo anno di vita terrena in serenità. Se ne è andata dopo Natale, ed è riuscita a festeggiarlo con noi. L’ultimo giorno mi ha voluto a colloquio da solo con lei al suo capezzale e mi ha detto: non piangere,me ne vado serena ma veglierò sempre su di te.

Poi mi ha mandato Rebecca, nata pochi anni dopo, la figlia che mi aveva promesso, con il nome scelto da lei.

Angeli della Vidas che volate di casa in casa, portando un fardello che solo noi orfani conosciamo, volate alti e sereni, perché Dio vi guarda con benevolenza.

E grazie da Maria Luigia Calore Pellizzari

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2Commenti

  • Maria Luisa Semi, 19 Ottobre 2014 @ 11:14 Rispondi

    Si,qui a Venezia c’e l’AVAPO che penso sia una struttura analoga.Ma c’e’il problema dell’informazione al paziente.Un tempo era come,giustamente,hai detto tu ; non sempre si doveva dire al malato la prognosi (e’accaduto con mio marito che nel 1981 era stato operato di tumore al colon,e ancora oggi sta benissimo). Ma,seguendo l’esempio di quel che si fa negli USA,ora e’ quasi obbligatorio informare il aziende delle sue condizioni. Lo trovo una “cattiveria” inutile.Lasciamo vivere o sopravvivere le persone nella speranza….o quasi del loro futuro. Che ne pensi ??

    • alessandro pellizzari, 19 Ottobre 2014 @ 11:16 Rispondi

      Io con la menzogna ho regalato un anno di serenità sia a mia madre che a mio padre. Mai togliere la speranza, anche nei casi più disperati

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