Quando abbiamo iniziato la nostra convivenza, ho chiesto subito a mia moglie di fare un bambino, possibilmente una bambina, possibilmente uguale a lei. Risposta: no caro, prima voglio portare avanti la mia carriera.
Lei aveva 31 anni, io 38: non ci sono rimasto male, ho perfettamente capito le sue esigenze e poi avevamo già parlato della possibilità di non averne. Ci siamo detti: se arrivano, al momento giusto, bene, altrimenti non ci metteremo di certo a fare stimolazioni, inseminazioni, tour de force procreativi. Faremo più viaggi. Risultato: tre figli. Il primo due anni dopo, l’ultima (eh sì, per la femmina ho dovuto aspettare) ai miei 50 anni.
Quando si fa figli si entra in un universo parallelo, in un club affollato ma esclusivo, che capisci solo se ci sei dentro: di colpo, cose che fino a ieri trovavi noiose o ti facevano ribrezzo, come la cacca e i pannolini, il ruttino o che omogeneizzato al pesce scegliere diventano cose di primaria importanza per te, e quando ne parli ti interessano davvero.
Questo per far capire ai possibili futuri genitori che esiste un prima – senza figli – e un dopo -con figlio – totalmente diversi.
Ciò spiega anche perché immaginarsi genitori prima di esserlo è impossibile. Ci siamo passati anche noi, che siamo entusiasti dei figli, “rischiando” di farne anche un quarto (tre, credetemi, sono tantissimi, meravigliosi ma tanti). Eppure, abbiamo pensato anche a un futuro senza figli, e senza esserne spaventati. Eravamo più preoccupati di non farne un secondo, perché pensavamo (io no all’inizio) che uno solo sarebbe stato… troppo solo. E così abbiamo avuto Sebastiano a soli 20 mesi dalla nascita di Nicolò, una fatica immensa ma premiata poi con gli interessi dal loro legame di maschi quasi coetanei, forte come una lobby a Washington.
Il punto è: se lui o lei non li vogliono? Cioè se uno solo dei due non li vuole? La coppia può reggere? La risposta è: NO.
Prendiamo il mio caso: a 16 anni ho detto a mia madre che avrei voluto tre figli. Quando sei così giovane e desideri dei figli senza remore tanto da programmarli, li vorrai per tutta la vita. Così come quella bambina che dimostra subito uno spiccato senso materno. Roberta, la madrina di Sebastiano, 4 figlie femmine, non avrebbe mai potuto non avere figli. È viscerale.
Il problema, in questi casi, è l’innamoramento. Se è totale e paritario, come dovrebbe essere, non ci sono dubbi: ci sarà identità di vedute spontanea (anche nel rinunciare ai figli), è solo questione di tempo (non troppo però). Se invece nella coppia, pur apparentemente felice e affiatata, uno dei due conserva quella quota di egoismo per cui è in grado di dire “no, io non me la sento di avere figli (adesso… si può aggiungere, ma spesso è solo un rimandare per sempre)”, quello squilibrio, quella mancanza di democrazia affettiva peserà sul futuro della coppia stessa.
Mia moglie mi ha detto che voleva aspettare, prima il lavoro. Ci sta. Ma poi è stata pronta a fare il grande passo. Ho aspettato due anni ma poi abbiamo avuto Nicolò. E se lei avesse procrastinato all’infinito? Se il lavoro, che le ha dato il successo, fosse diventato “suo figlio”? Non so se staremmo ancora insieme, sono sincero. Perché a me mancherebbe un pezzo fondamentale della vita di coppia, e non sarei in grado di capire perché uno dei due ha “deciso” per tutti e due una cosa così importante, sulla quale, dopo una certa età biologica, non si torna più indietro. Avrei avuto una specie di risentimento che sarebbe montato, forse, fino a sfociare nella rottura, prima o poi.
Vale per lui, ma vale per lei. I figli sono un bene viscerale della coppia, non è come dire “per lui ho rinunciato a lavorare”, “per lei ho rinunciato alla carriera perché non ho accettato il trasferimento”. Su tutto si può ragionare, trovare un equilibrio, confrontarsi, sull’avere figli no.
E non funziona ribaltando la questione. Se uno dei due non vuole figli e poi il bimbo arriva, diventando padre o madre sarà talmente travolto emotivamente dal miracolo di avere creato una vita che è un compendio meraviglioso di te e di lei, che non potrà non esserne felice.
Dunque, Se uno dei due li desidera veramente e l’altro no quel diniego sarà così profondo che intaccherà il Dna della coppia, facendolo degenerare. E’ solo questione di tempo.
Una decisione così importante per il destino della coppia prevede una sola modalità di voto: il 100% di sì o no bilaterale.
Altrimenti, anche se magari non si vede, perché chi rinuncia per amore dell’altro può dissimulare molto bene, può quasi autoconvincersi (per il momento) della positività della rinuncia, si sarà comunque già creata una crepa nella chiglia della nave che fa galleggiare quella coppia. Affondare è solo questione di miglia.
Concludo con un pensiero: da uomo, avere avuto il privilegio di assistere al parto dei figli è una cosa che ti cambia profondamente, un’emozione che travalica ogni altra emozione. E ti fa capire che Dio è Donna.
Once a man like the sea I raged, once a woman, like the earth I gave, but there is in fact more earth than sea.
Peter Grabriel, Selling England by the Puond
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