
Ci siamo conosciuti su Facebook, un anno fa. Io sposata con figli, lui sposato con figli, qualche anno di differenza. Le nostre vite allora erano apparentemente serene, ma quanto fossero realmente felici lo sapevamo già prima di incontrarci.
Sono una donna ammirata in genere, ma non lascio facilmente spazio agli uomini. Potrei dirvi che lo faccio perché sono appagata, ma non lo ero ormai da tempo, quando ho conosciuto lui.
Non sono neanche il tipo da collezionare amicizie social (soprattutto maschili: ignoro molte delle richieste che mi arrivano), non ne avrei il tempo oltre che la voglia, fra gli impegni dei miei figli e gli impegni di lavoro. Ma a lui l’amicizia l’ho chiesta io.
Sarà stato un segno (io credo al destino che allinea due stelle) ma è stata la prima volta che ho chiesto l’amicizia a un uomo, a un estraneo su un social. Certo, lui fa il mio stesso lavoro, diciamo che avevo la “scusa” per interagire con lui. La verità è che lo trovavo affascinante, come uomo ma soprattutto per quello che affermava.
Così ho fatto il primo passo. Non ho saputo resistere, non ho voluto resistere.
Lui ha risposto con entusiasmo, avevo capito subito che è un uomo sensibile alla bellezza femminile, anche troppo. Conscia di questo, e del fatto che stavo interagendo con un possibile collezionista di donne (anche se non mi dava dell’idea del seriale tante volte descritto in questo blog, piuttosto di un selettivo, per quanto amante delle donne) abbiamo iniziato lunghe conversazioni, prima scritte, poi telefoniche.
Abbiamo iniziato condividendo le stesse filosofie di lavoro per poi parlare di cose sempre più intime. Ma, pur vivendo nella stessa città, esitavo a incontrarlo e lui non spingeva per un primo incontro. Era un crescendo di ragionamenti, battute, risate, confidenze ormai anche profonde, ma sempre un po’ col freno tirato, per la paura di guastare qualcosa (allora non sapevo cosa), di anticipare i tempi.
La confidenza cresceva, i suoi complimenti anche. Io mi sentivo bene a parlare con lui. Troppo bene. Menti gemelle. Stesso spirito, stesse visioni, persino sul lavoro.
Dopo tre settimane di conversazioni lui ha rotto gli argini e mi ha invitato a cena: niente, caffè, niente aperitivo, quelli sono per le persone che devono tastare il terreno, per noi i messaggi e le telefonate scambiate fino ad allora ci facevano sembrare la nostra “amicizia” non virtuale, ma reale e viva da anni.
Quella sera ero emozionata. Mi chiedevo: come sarà la realtà? Ve la faccio breve: se esistono i colpi di fulmine, è capitato a me e a lui. Abbiamo resistito a malapena con gli antipasti, ma al primo eravamo già in terrazza a baciarci. E niente dolce, il dolce siamo stati noi. In pochi minuti eravamo fuori dal ristorante e in un hotel, a fare sesso: strepitoso, voluttuoso passionale ma anche dolce. Io credo fossimo già innamorati quella sera, lo so sembra impossibile, ma il colpo di fulmine per me ha funzionato così.
Sono tornata a casa tardi, camminando a un metro d’altezza dal posteggio a casa, sussurrando al telefono con lui. Sono entrata, ho baciato i miei figli e mi sono infilata nel letto dove mio marito dormiva profondamente, come fa sempre, presto, alla sera. Era come se lui non fosse disteso vicino a me, ma non lo era da tanto, pur essendoci tutte le sere.
Sensi di colpa? Zero. Felicità? Mille. Appagamento sessuale? Duemila. Intesa mentale? Di più. E una sola idea in testa: a quando la prossima volta?
Un mese dopo ci siamo detti ti amo (a voce: la realtà era già evidente nel terrazzo di quel ristorante) e abbiamo iniziato a fantasticare su un nostro futuro insieme. Due professionisti pragmatici che sognano come dei bambini entusiasti fra le lenzuola di un albergo. Era tutto bellissimo, ci amavamo davvero. Ma c’erano i nostri matrimoni, i nostri figli, e due visioni, le uniche, differenti su questo.
Io, conscia che il mio matrimonio era in discesa da diversi anni, pur non avendo mai avuto una storia extraconiugale prima (non perché la escludessi per principio, ma perché non avevo ancora trovato un lui come lui), ero pronta a iniziare una nuova vita e a parlarne con mio marito, con i miei due piccoli uomini che, per quanto giovani avrebbero, ero sicura, capito, e io avrei continuato a essere una buona madre come lo sono sempre stata (e anche mio marito, l’unica cosa che non gli ho mai contestato).
Lui, nonostante avesse avuto diverse storie durante i suoi dieci anni di matrimonio, e per quanto il rapporto con la moglie fosse freddo da anni, riteneva intoccabili le sue due bimbe, più piccole dei miei. Diceva che era la prima volta che una donna gli faceva prendere in considerazione la possibilità, anche se teorica, di costruire una nuova vita. Era tentato ma riluttante, combattuto per quanto innamorato.
Quanto tempo mi dai per decidere, mi ha detto. Ho risposto: guarda, io domani parlo con mio marito di divorzio, indipedentemente da te. Tu non c’entri, io non mi separo per te. Certo ora ci sei, ma magari fra un mese no, io non decido per te: è un passo che dovevo già fare da tempo e ora è maturato. Ma per me stessa, non perché ho conosciuto te, per quanto tu sia importante. Ma non si possono provare certe cose se il tuo matrimonio non è già finito. E, colpo di fulmine o no, il mio matrimonio era già al capolinea, un fulmine non entra da una finestra se non è spalancata e tu non sei un’antenna in grado di attirare la scarica elettrica.
Quanto tempo? Nessuno e poco. Io credo che se mi ami davvero potranno forse passare mesi, non anni. Io intanto sarò libera, per me innanzittuto, per te se lo vorrai, per altri se sarà il caso.
Io in un mese ero separata. Lui no. Mio marito ha fatto di tutto per rimandare, ma la storia era chiusa: io ero decisa e non ho lasciato spazi che non c’erano più da anni. Per fortuna e per intelligenza, ci siamo concentrati sul rendere la cosa meno pesante possibile ai figli e, devo dire, ci stiamo riuscendo.
E lui? Quando mi sono separata lui si è spaventato: gli uomini più decisi sul lavoro non lo sono altrettanto nei sentimenti e nel trasformarli dal dire al fare, ma io sì.
È andato in crisi. Io non posso adesso, non me la sento. Ti capisco, gli ho detto, e ti ricordo che questo è un mio percorso personale, non il tuo se non vuoi o non sei pronto. Però, e sono stata chiara, se mi ami non esistono Ma. Entro l’inzio del nuovo anno o siamo insieme o non lo siamo più. Per quanto ti ami, io non farò mai l’amante a lungo. E tu sei ancora sposato. I figli? Ti capisco. Ma i miei sono sereni, e lui è già fuori casa. Lo saranno anche le tue, tua moglie non è una brutta persona, è un bravo genitore. E genitori si rimane sempre. Anzi, certi uomini con la separazione migliorano anch come genitori.
Abbiamo continuato a frequentarci fino a Natale, vedendoci spesso, amandoci come non mai, passando anche notti e weekend insime, tutto perfetto ma… si avvicinava la fine del famoso anno di amantato e lui era ancora lì. Io non dicevo niente, solo una cosa, a novembre: pensi che dopo Natale potremo fare il nostro primo viaggio insieme?
La domanda e il Natale, l’ultimo potenziale in casa, lo hanno mandato in tilt. Ha prevalso il dubbio e la paura sull’amore, le figlie sembravano due giganti pronte a sbarrare ogni sua uscita (anche se in realtà erano serene, loro non erano una coppia da litigi in pubblico) e abbiamo avuto la nostra ultima cena. Nella mia nuova casa, i figli nell’altra con il padre per il weekend.
Mi ha detto non ce la faccio, ed è giusto che tu ti rifaccia una vita, io non posso… Tu sei più coraggiosa di me. Facciamo l’amore, ho detto io. Alla fine, sulla porta, un ultimo bacio e lui mi dice: andrai via da sola? Ti troverai un altro?
Andrò via con un’amica, i figli li terrà lui. Andrò lontano, a divertirmi. Un altro uomo? Io ti amo ancora, ma adesso so che che tu non mi ami abbastanza: sarà inevitabile, per come mi conosco, trovare un altro prima o poi. Forse non sarà un colpo di fulmine come il nostro, forse non sarà amore, ma io mi conosco: vivo, sono giovane e finalmente libera.
Lui piangeva, io no. Quando se ne è andato ho pianto tutta la notte. Ero innamorata persa e lui aveva rinunciato a noi, come fanno tanti uomini che fanno prevalere la mente sul cuore, noi in effetti siamo più coraggiose. Non ero delusa, ero disperata. Ma non ero pentita di nulla: avevo vissuto un amore vero fino in fondo, senza fargli pressioni o trucchi, avevo intrapreso la mia nuova strada personale, divorziando, non per lui, ma per me.
Questa consapevolezza mi aiutava molto, e leniva il mio dolore temperando anche la delusione di non aver visto l’uomo tutto d’un pezzo che lui era farlo fino in fondo. Amavo ancora e stimavo il mio amante, ma i campioni si vedono agli ultimi metri della corsa: se molli prima del traguardo tutto lo sforzo che hai fatto prima è stato inutile, e tu non puoi salire sul podio con me. E io sul podio già c’ero, perché io la mia nuova vita, e da sola, me l’ero già iniziata a costruire.
Natale è passato abbastanza sereno. Lui non si è fatto vivo: aveva preso la sua decisione, non è il tipo da piagnucolare per convincermi, con messaggini e telefonate, a continuare a fare l’amante, mi conosce, è una persona corretta (anche se non coraggiosa fino in fondo, evidentemete, ma ha le palle per non disturbarmi a vuoto). Mi sono goduta i mie maschietti, abbiamo festeggiato con il mio ex marito in concordia (anche lui ha capito che eravamo alla frutta ma non ieri, l’altro ieri: gli uomini credono di essere innamorati di certe mogli, ma sono innamorati della routine confortevole, anche se non felice).
Ho fatto i biglietti per il Paradiso con la mia amica. Parto in buona compagnia, innamorata, triste, ma ottimista. Quel che sarà sarà. Addio mio lui, abbiamo avuto una grande occasione che è difficile si ripeterà, i colpi di fulmine cadono una volta nella vita beccandoti in piemo come è successo a noi. Peccato, davvero peccato. Ma la vita continua.
Al check in ero preoccupata: Silvia è sempre in ritardo, ma non è che possiamo perderci un viaggio per il Paradiso così. O forse sì. Ero disposta a partire anche da sola, ero pronta ad affrontare la vita da sola. Sola… io ho i miei figli, e sempre ci saranno. Poi si vedrà.
Silvia era lui. Lo vedo avanzare verso di me col suo sorriso smagliante, la valigia e un biglietto alzato in alto, come se fosse una bandiera. Questa è la mia seprazione, mostrandomi il suo biglietto sullo stesso aereo per il Paradiso, e poi mi ha baciato come sempre. Non era vestito da ufficiale e gentiluomo, ma l’effeto era quello. Aveva avuto il coraggio di salire sul podio con me. E mentre volavamo insieme verso il vero Paradiso, il nostro, è iniziata la nostra storia d’amore anno primo. O secondo, quella crisi non conta più nulla ormai. Contano i fatti. E noi siamo insieme. Liberi di amarci come ci siamo amati da subito.
Questa non è una favola, è successo e, nonostante la maggioranza delle storie fra amanti non finisca bene, questa è a lieto fine. Questa e altre, per fortuna. E per fortuna anche gli uomini sanno seguire il cuore come voi donne, almeno qualche volta. Auguro a tutte voi che me lo avtete chiesto un finale così, ma anche un inizio così: il colpo di fulmine è raro (più raro dei lieto fine), ma meraviglioso. Basterebbe quello? No, non facciamoci mai bastare nulla. L’amore è semplice: sceglie la felicità. Tutta. Totale
Sincerely yours
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